mauricio wainrot
Mauricio Wainrot

«Ero venuto a Napoli per proporre ai vertici del Teatro San Carlo il mio Messìa, per la prossima stagione. E invece mi hanno chiesto subito un lavoro per l’Autunno Danza di quest’anno» racconta Mauricio Wainrot, coreografo argentino dal curriculum insigne di cui si citano almeno la direzione artistica del Ballet Contemporáneo del Teatro di San Martín di Buenos Aires e de Les Ballets Jazz di Montreal, il contratto in residenza alla guida del Balletto Reale delle Fiandre (Ballet Royal del Belgio, dal 1991 al 2004), numerosissime collaborazioni internazionali, un’infinità di premi ed un catalogo ricco di titoli importanti fra i quali Un tram chiamato Desiderio (rappresentato fra novembre e dicembre 2001 al Teatro di Corte per l’unico suo altro precedente con il San Carlo, Anna Franck, Carmina Burana, Estaciones Porteñas. «È così – prosegue – per il secondo appuntamento nella locandina della rassegna dedicata dalla Fondazione lirica al balletto, mercoledì 22 e giovedì 23 in replica, andrà in scena un altro mio lavoro, Le otto Stagioni, nato nel 2001 per il Ballet Royal del Belgio con scene e costumi del geniale Carlos Gallardo, ripreso negli anni a seguire con grande successo sia nel Nuovo che nel Vecchio Continente ed oggi affidato in terza battuta all’interpretazione di una diversa Compagnia di Balletto, quella del San Carlo, che ne tiene a battesimo la prima rappresentazione in Italia».

Le otto Stagioni
Le otto Stagioni

Spieghiamo la genesi delle Otto Stagioni.

«Nel settembre 2000, dopo aver presentato una produzione di Carmina Burana con il Balletto Reale delle Fiandre, Ballet Royal del Belgio, inaspettatamente mi sono trovato dinanzi a una vera e propria gemma sonora, per caso, in un negozio di musica ad Anversa. Si trattava della notissima incisione discografica intitolata “Le otto Stagioni” che comprende e collega “I Concerti delle Quattro Stagioni” di Antonio Vivaldi con le Quattro Stagioni “Porteñas” di Astor Piazzolla, uno dei capolavori del grande compositore argentino. Non solo rimasi letteralmente affascinato dall’idea realizzata in tale nuovo cd dal grande violinista Gidon Kremer, ma, dopo averlo ascoltato, ne fui commosso per le combinazioni di stili che egli era riuscito a ricreare, nelle quali si potevano sentire descritte tanto le strade di Buenos Aires, gli uomini e le donne della mia città, quanto le diverse scene ed immagini suscitate dalla musica di Vivaldi».Las 8 estaciones-1_3-2 las 8 est.ali rojo (5)-1-2

I Concerti vivaldiani per archi e continuo sullo sfondo del primo Settecento veneziano, i tanghi passionali della moderna America latina e lo spunto tematico legato al ciclo delle stagioni: come si traducono e s’intersecano i tre riferimenti entro il suo linguaggio coreografico?

«Ne nasce uno spettacolo di forte impatto, giocato nell’arco di sedici movimenti non su descrizioni o su storie, bensì sulla tecnica del contrasto fra climi e atmosfere. Sullo sfondo neutro creato dai diversi costumi e dalle immagini in video a cura dell’oggi purtroppo scomparso Carlos Gallardo, e dunque nello specifico rimontate da Silvia Rivas oltre al lavoro dei due ottimi assistenti Miguel Angel Elías e Analía Cristina Morales, tutto cambia seguendo l’alternanza delle tracce sonore, così come suggerito e previsto dall’incisione di Kremer che ho voluto utilizzare intatta. L’opposizione divarica i due mondi: solarità del giorno e seduzioni della notte, individualità e coralità, natura e sentimento. Unico, in sostanza, resta il linguaggio delle dinamiche gestuali, forgiato sull’impiego di tutto il corpo, ma di volta in volta diversi risultano i “temperamenti” della danza: brillante, maggiormente aperta agli ensembles e di chiara matrice europea in Vivaldi; passi a due, maggiore intensità drammatica e stilemi del tango per Piazzolla».

Lei ha una stagione preferita?

«Certamente, è l’Autunno».

Maestro, torniamo all’idea del suo Messìa per Napoli…

«Spero proprio di tornare in futuro con questo balletto in trentadue parti, religioso, spirituale e dunque assai diverso dalle Otto stagioni. Il Messìa è tra l’altro, proprio in questi giorni, volato in Spagna per sedici rappresentazioni in tournée. Quanto a Napoli, è una città che adoro…vorrei venirvi ogni anno anche perché, nel mio cuore, resteranno per sempre l’impegno eccellente di questi giorni e l’affettuoso desiderio di continuare a lavorare insieme espresso dall’intera Compagnia della Fondazione».

Paola De Simone

 

 

 

 

 

 

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