Pochi mesi fa ho avuto il piacere di intervistare Rossella Brescia. In quell’occasione la popolare danzatrice mi aveva anticipato che tra i suoi prossimi impegni professionali ci sarebbe stato uno spettacolo di teatro-danza dedicato a Carmen, Medea e Cassandra. Dalla sua voce avevo colto un sincero entusiasmo per questo progetto teatrale, presentato come diverso dagli altri. E così è stato. L’amata ballerina è già stata Carmen e Cassandra in scena con delle creazioni di Luciano Cannito, ma il nuovo lavoro del coreografo riprende i due personaggi per inserirli in una narrazione più ampia, unica, organica, in cui oltre al movimento c’è la parola ed i due mezzi espressivi sono diventati un tutt’uno per dare una sorta di giustizia a tre donne che non l’hanno avuta. “Carmen Medea Cassandra – Il processo” è il titolo di questo spettacolo che il 20 luglio ha fatto tappa all’Anfiteatro Campano di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) per il Festival Teatri di Pietra. In scena, accanto alla Brescia troviamo Vanessa Gravina (anche lei nel ruolo di protagonista), il primo ballerino Amilcar Moret, l’attore Gennaro Di Biase, i solisti e il corpo di ballo della Compagnia DCE DanzItalia. I testi sono di Paolo Fallai, le musiche di Georges Bizet e Marco Schiavoni, le scene di Vito Zito, i costumi di Laura Antonelli ed Elena Cicorella.
Le storie presentate sono dunque tre. C’è Carmen, la gitana che affascina, la donna emancipata che non si lascia incatenare da legami indissolubili per essere libera di seguire il suo istinto femminile. C’è Medea, la maga che dopo essere stata umiliata da Giasone, l’uomo che amava e per il quale si era schierata contro tutto e tutti, uccide i loro figli per vendetta. Ed infine Cassandra, la profetessa figlia prediletta del re di Troia Priamo, considerata pazza per essere stata la sola ad opporsi fermamente all’ingresso in città del cavallo donato dai greci. Cannito ha guardato in profondità queste tre storie, solo apparentemente distanti, e le ha intersecate, cogliendone tutti i tratti in comune: su Carmen, Medea e Cassandra grava da sempre una colpa. Queste tre donne sono state giudicate ree dalla collettività, rispettivamente di infedeltà, infanticidio e dell’inutile capacità di prevedere il futuro con il cuore. E con l’etichetta di colpevoli sono state consegnate alla storia. Nessuno le ha mai comprese e perdonate, ed a ciò si tenta di rimediare mediante quel processo che mai era stato celebrato, e che diventa una possibilità di riscatto. Le tre eroine prendono così parola, ed ecco che si comprende come più che colpevoli siano in realtà vittime. Una scelta di grande sagacia e sensibilità è stata poi quella di attualizzare le vicende narrate, così da avere ulteriori spunti di riflessione. La sensuale Carmen la ritroviamo a Lampedusa, tra sbarchi di migranti e mercanti di carne umana. Cassandra la incontriamo invece nella Sicilia degli anni Cinquanta, dove spunta un cavallo di Troia nuovo ed altrettanto temibile: la televisione, che ci controlla e ci giudica con sentenze più gravi di quelle pronunciate in un’aula di tribunale. E questo è ben rappresentato dalla moderna Medea, che si ritrova ad essere assalita dai media, che la condannano ancor prima dei giudici. Non c’è confine tra danza e recitazione, tra passi e battute: i due linguaggi si fondono per raccontare le ingiustizie ai danni delle donne, di ieri come di oggi. Passione estrema, voluttà, forza, disperazione, rabbia, raggiungono con precisione lo spettatore grazie a due interpreti che con voce e corpo hanno comunicato tutto il comunicabile. Raccontare storie ed essere in grado di trasmettere emozioni è compito dell’attrice quanto della danzatrice. La differenza è che questa capacità nella danzatrice non sempre la si ritrova, è un valore aggiunto. Ed è proprio questa la marcia in più della Brescia (che ha avuto anche delle “vere” esperienze da attrice). Neanche quando un piccolo inconveniente tecnico stoppa per qualche minuto lo spettacolo, perde concentrazione ed intensità, ricordandoci che la danza non è solo tecnica.

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