capasso piccolo bellini (1)

Venti titoli in tredici serate: è quanto propone la nuova stagione dedicata alla danza del Piccolo Bellini di Napoli, che ancora una volta, per il terzo anno consecutivo, si apre ai linguaggi contemporanei consolidando il rapporto tra Napoli e la ricerca coreografica a livello internazionale. Il tema della “migrazione dei linguaggi” nella contemporaneità è stato scelto proprio come filo conduttore degli spettacoli in programma, i quali fondano la loro poetica sull’interconnessione tra generi diversi, incrociando la danza con il video, la pittura, il teatro, e al contempo offrono una panoramica articolata sulla ricerca operata da artisti italiani e stranieri, con una particolare attenzione alle esperienze di ricerca locali e alle nuove generazioni.  Due le novità di quest’anno: la prima sarà l’apertura di stagione con Dance Show Case, prologo in cui saranno presentati due spettacoli al giorno, in un’alternanza tra artisti stranieri e giovani coreografi partenopei; la seconda è invece rappresentata dalla possibilità concessa al pubblico, alla fine degli spettacoli, di interagire con gli artisti, confrontandosi con loro, ponendogli domande o esprimendo il proprio parere su quanto visto.

Il sipario si alza il 27 novembre con Riot e Album – Toi, Mon Miroir. Riot, produzione della Companhia de Dança de Almada con le coreografie di Bruno Duarte, che ritroviamo in scena insieme a Joana Puntel e Luís Malaquias, e che riflette sulla necessità della distruzione di un universo per permettere ad altro di nascere. Album – Toi, Mon Miroir è invece una produzione PianoBe che porta la firma di Sara Lupoli e vede sul palco Elena Cocci e Marianna Moccia per una performance pluridisciplinare in cui danza, musica, video e arte digitale si fondono per rappresentare i temi del doppio, dell’alterità, e del rapporto tra la nostra immagine fedele e reale e quella costruita o “virtuale”. Il 28 novembre tocca alla ProArt Company portare a Napoli The Duett-Emoticon, lavoro di Martin Dvorak danzato da lui stesso con Irene Bauer, in cui si dà vita ad un emozionante scontro tra nuovo e vecchio, tra attuale e passato. Nella stessa serata anche Tres, una riflessione di Nicolas Grimaldi Capitello sul concetto di pluralità e di perfezione, universalmente rappresentata dal numero tre. Il 29 novembre spazio a Vincenzo Capasso che affida alle danzatrici Marta Cinicolo e Adriana Cristiano il suo Elettroshock, un susseguirsi di immagini ed emozioni. A seguire Finding Home di e con Luisa Memmola, che cerca sfumature poco scontate e lavora sulla sensazione di stabilità interiore. Il 2016 in danza del Piccolo Bellini si apre il 29 gennaio con Re-garde, di e con Francesco Colaleo e Maxime Freixas, danzatori e uomini che si battono per l’affermazione del sé, e con Confini Disumani, denuncia sociale sui viaggi dei migranti di Roberta Ferrara liberamente ispirata al testo Solo andata di Erri De Luca. Si prosegue il 30 e il 31 gennaio con due produzioni targate ARB Dance Company. Si tratta di Mezzo Nero, Rosso Mezzo, celebrazione dell’incontro tra due anime gemelle secondo Fernando Suels Mendoza, e A piedi nudi, lavoro di Giorgia Maddamma ispirato alla storia di Santa Chiara che fece della prigionia a vita una sua libera scelta. Dal 12 al 14 febbraio, poi, la scena è tutta per Across the Border, una storia di confine pensata da Antonello Tudisco. A marzo sono due gli appuntamenti in calendario: il 4 con Monologue avec valise, racconto divagatorio di un mimo-oratorio di e con Guerassim Dichliev, ed il 5 con The theet behind the kisses di Anthony Lo-Giudice, che in una performance di grande impatto visivo fa vivere gli eroi e le eroine delle opere di Hector de Gregorio. La programmazione si chiude ad aprile con ben sei serate di danza, dal 6 al 10. Si comincia con Frane, racconti residui di un “romanzo” non scritto di e con Eleonora Chiocchini, e Home, diretto da Rita Petrone e Valentina Romito che indagano il concetto di casa. Si va avanti il 7 con Maria Grazia Sarandrea e Ciccio Merolla ed il loro Damarù, spettacolo che ripercorre le tappe di un viaggio ciclico in cui il suono universale del tamburo (damaru è il tamburo sacro che genera il suono primordiale), è protagonista assoluto. Dall’unione della personalità musicale di Achille Succi e quella coreografica di Gabriella Riccio nasce La follia, progetto ibrido in scena l’8. Il 9 è invece la volta di Chiara Alborino con La Geisha che canta per amore, lavoro ispirato al teatro giapponese. Si chiude il 10 con Microstorie – Appunti sulla percezione, scritture coreografiche e drammaturgiche ispirate ai temi della memoria, dei suoni del quotidiano e della proiezione dell’umano di e con Fabrizio Varriale.

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