margherita parrillaDa quando l’Accademia Nazionale di Danza è commissariata (novembre 2013), il direttore Margherita Parrilla non ha rilasciato interviste; sono riuscita però, in esclusiva, ad affrontare con lei alcuni temi: dalla situazione della danza italiana alla nascita dei licei coreutici e alla fine del “Premio Roma – Concorso Internazionale Danza e Coreografia” .

Margherita Parrilla è diventata prima ballerina del Teatro dell’Opera di Roma nel 1978, è stata nominata per chiara fama Direttore dell’Accademia Nazionale di Danza a Roma nell’ottobre del 1996. Di madre polacca e padre italiano, ha iniziato lo studio della danza presso la scuola del Teatro dell’Opera di Roma, diretta da Attilia Radice, dove si è diplomata nel 1967, per poi perfezionarsi sotto la guida dei maestri Prebil, Poljakov, Vyroubova, Bruhn. Ha interpretato i più importanti ruoli del repertorio classico, ha danzato al Teatro Bolshoi di Mosca nel 1982 e al Mariinskiy di San Pietroburgo nell’86. Ha avuto una compagnia di teatro-danza, “Teatro D2″, è stata il direttore di diverse manifestazioni artistiche (Civit’arte – Rosa etrusca festival…).

Cosa pensa della situazione attuale della danza italiana?

La situazione della danza italiana la inserisco, purtroppo, nell’ambito della generale situazione culturale italiana. Per prima cosa non esiste una linearità nella ricerca e nello stile. Nel balletto classico, ad esempio, non viene valorizzato il repertorio che fa parte della tradizione italiana. Il tentativo fatto nell’Accademia Nazionale di Danza di riportare i “balli grandi italiani” di Manzotti e Marenco, rivisitati o ricostruiti (Excelsior nella versione di Ugo Dall’Ara, Amor rivisitato da Adriana Borriello e Giannandrea Poesio, Sport con le coreografie di Wayne McGregor e Ismael Ivo), era di valorizzare la nostra cultura, arricchita dall’esperienza di due secoli di storia di tutte le arti. La danza moderna e contemporanea invece, rispecchia ancor più lo stato dell’arte in Italia: non ha una propria identità. L’influenza della scuola americana è stata molto forte e l’unione con le radici dell’identità mitteleuropea, quando non sono presenti ricerca e approfondimento adeguati, ha creato frammentazione e superficialità. I talenti italiani devono emigrare all’estero, in luoghi dove la danza è tenuta in maggior considerazione. Sarebbe necessario che all’interno delle istituzioni, della politica e della burocrazia si rivolgesse maggiore attenzione agli esperti del settore coreutico. E’ necessario dare spazio alla qualità, altrimenti ai giovani, che si devono confrontare con il mondo, la speranza viene a mancare. Unica rosea eccezione: la creazione e lo sviluppo dei licei coreutici, svolta storica per la cultura della danza.

Qual è la situazione attuale dei licei coreutici?

Fu un’enorme fatica istituire i licei coreutici. La fatica è stata soprattutto di far capire che i licei dovevano essere professionalizzanti. Al MIUR, durante una riunione, fu proposto di inserire solamente 3 o 4 ore di danza a settimana. Dissi: “ma veramente? vogliamo far ridere? Lo Stato crea una scuola come se fosse amatoriale?” Un ragazzo che sceglie di frequentare il liceo coreutico non lo fa per svolgere un po’ di attività fisica, ma perché magari a 18 anni (visto che la danza, come la musica, non si può fare a 40, o 35 o 25 anni) deve essere pronto ad affrontare il mondo della professione. E’ stata una lotta che l’Accademia Nazionale di Danza ha fatto ed io ho usato tutte le mie forze. Mi rendevo conto che il Ministero voleva intraprendere questo nuovo percorso, ma non aveva gli strumenti e noi glieli abbiamo forniti. Adesso i licei dovrebbero continuare a crescere insieme e non svilupparsi ognuno indipendentemente dall’altro. Negli anni passati abbiamo creato degli incontri fra i licei coreutici a Roma, affinché si conoscano e progrediscano insieme (non certo per creare rivalità o concorrenza, come purtroppo è successo quest’anno). Questi licei sono nati perché i giovani, con passione, possano affrontare la danza come materia culturale. Per cultura non intendo il nozionismo, la cultura è il contesto all’interno del quale si deve inserire la propria arte. La frammentazione del mondo della danza, di cui parlavo prima, è dovuta alla mancanza di cultura. Lo studio che viene fatto sul proprio corpo, durante gli anni di formazione coreutica, deve portare lo studente a essere in grado di raccontare l’arte, di scegliere quale percorso intraprendere: se nel repertorio tradizionale oppure nell’ambito delle nuove ricerche. Anche per il musical o la danza televisiva vale lo stesso discorso. C’è molta differenza fra i licei musicali e i licei coreutici e su questo si dovrebbe riflettere… Tutti dovremmo apprendere, come insegna la danza, a saper riconoscere le proprie competenze, quindi, chi è musicista si dovrebbe occupare di musica e non improvvisarsi esperto in altri ambiti. I licei coreutici, in questo momento, sono una grande potenza per l’Italia e per la scuola, funzionano. I docenti di questi licei, che si sono diplomati in Accademia, sono di grande qualità internazionale.

Come pensa si svilupperà l’Accademia Nazionale di Danza nei prossimi anni?

Il futuro dell’Accademia dipende dalla politica: dal Ministero e dal Parlamento. A distanza di 15 anni dalla legge 508 del 1999 (istituzione dell’Alta Formazione Musicale e e Coreutica) è tempo di fare una spassionata valutazione dei pregi e dei difetti di quest’area dell’università. Bisognerebbe riuscire ad avere una visione più ampia di questa area che, a mio avviso, per adesso, pecca di autoreferenzialità ed è sostenuta da sindacati che pensano solo a difendere l’esistente e non considerano che la cultura deve aprirsi e cercare nuove vie: soprattutto la via della qualità.

Ritiene sia necessaria e auspicabile l’apertura di altre accademie di danza?

Certamente, ci sono 56 conservatori di musica in Italia e una sola Accademia di Danza. Vista la grande richiesta da parte dei giovani, penso che se ne dovrebbero creare almeno altre tre: una al Nord, una al Centro Sud e una al Sud (isole). Sono fondamentali i confronti con gli altri, pena la disgregazione di cui parlavo prima.

Lei è sempre stata attiva anche politicamente, nel periodo in cui era danzatrice all’Opera di Roma, con un gruppo di danzatori partecipavate alle Feste dell’Unità, offrivate spettacoli gratuiti…

Ho ballato gratis per la Festa dell’Unità, ma anche per i bambini del Don Orione. Più che un discorso politico io lo definirei un discorso di politica culturale. Ho vissuto il periodo del decentramento, si aprivano le piazze agli spettacoli e alle manifestazioni, e pensavo si dovesse portare l’arte anche a coloro che non la conoscevano o non se la potevano permettere. Non mi dimenticherò mai una partecipazione che feci, con un gruppo di ragazze che avevo messo insieme, ad uno spettacolo al Don Guanella, dove c’erano i bambini diversamente abili. A un certo punto una suora mi chiamò e mi disse: “Signora, io non so come ringraziarla, noi avevamo una ragazza che non socializzava mai, con nessuno, dopo il suo spettacolo si è messa a ballare e a muoversi insieme agli altri”. Ricordo anche una partecipazione che feci per gli orfani al Don Orione, furono tutti entusiasti: abbiamo fatto una festa insieme e alla fine ballavano tutti. Mi sembrava giusto fare questo tipo di cose, non restare chiusi in un teatro, come si usava fino ad allora, dove venivano a vederti solo gli appassionati, anche se erano tanti. Mi ricordo un altro episodio, per me bellissimo. Fui scelta per fare la “prima” del Don Chisciotte a Caracalla, però, siccome c’era la graduatoria interna, per cui la ballerina più anziana doveva ballare la “prima”, il direttore artistico mi propose di fare le “seconde”. Io mi rifiutai, gli dissi che volevo le “ultime” a prezzi popolari e i manifesti con su scritto “Caracalla: Don Chisciotte a 10.000 lire a biglietto”. Mi piaceva l’idea di poter riempire Caracalla per la danza, di solito era piena solo per l’Aida. Feci i due spettacoli ad agosto, a teatro esaurito, con la gioia di tutti: furono gli incassi migliori dell’estate e famiglie intere erano felici di aver avuto l’occasione di conoscere la danza e il meraviglioso teatro di Caracalla! Ecco, questo per me era ”la politica” e all’epoca il PCI faceva queste cose, le appoggiava.

Progetti attuali e futuri?

Dei progetti futuri non si parla per scaramanzia, non lo sa che noi ballerine siamo un po’ superstiziose??!!!!

Un’ultima domanda: cosa ci dice del “Premio Roma – Concorso Internazionale Danza e Coreografia” da lei fondato nel 2001?

Scusi, dovreste voi informarvi e informare! Il concorso, come da me pensato e voluto, è morto: non è più internazionale; non fa più parte dell’International Federation of Ballet Competitions; non è più ripreso dalla Rai e, in questa edizione, ha avuto 24 iscritti tra juniores e seniores (di cui 11 allievi dell’Accademia Nazionale di Danza). L’unica consolazione è che Carla Fracci, presidente della giuria, ha potuto constatare l’alta qualità degli allievi dell’Accademia Nazionale di Danza.

Nika Tomasevic

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