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In scena al Teatro Gesualdo di Avellino, sabato scorso, Dolce vita – Archeologia della passione spettacolo firmato da Virgilio Sieni, coreografo e danzatore protagonista della danza contemporanea italiana a partire dai primi anni ’80, attualmente direttore della Biennale Danza di Venezia.

Uno spettacolo molto raccolto, per otto danzatori (quattro uomini e quattro donne) e un musicista. Un suggestivo ed emozionante viaggio in cinque tappe ispirato alle sacre scritture: Annuncio, Crocifissione, Deposizione, Sepoltura, Resurrezione.  Sieni si ispira all’iconografia cristiana e,  in particolare, attinge all’interpretazione che hanno dato alcuni grandi pittori e scultori dell’Umanesimo e del Rinascimento, ma anche contemporanei.

Ogni quadro è introdotto dal titolo che viene esibito a lettere cubitali dai danzatori e poi ha uno sviluppo e un epilogo. Tra un quadro e un altro è a vista il fuoriscena: i danzatori si aiutano l’un con l’altro a cambiare le magliette o a indossare un cappello.

Lo spettacolo si apre con un Angelo traballante che arranca in scena (la bravissima Ramona Caia danzatrice storica della Compagnia di Sieni), un angelo che cerca inutilmente di alzarsi in volo, le cui piccole ali bianche perdono piume ad ogni suo piccolo movimento. Danzatori vestiti di collant e magliette sbiadite, cercano di sostenerlo. Hanno tutti un trucco da clown con grandi labbra rosse, tutto un po’ sbavato. Ma non c’è annunciazione, anche perché alla fine si scopre che l’angelo ha la bocca tappata da una maschera trasparente.

Pochi gli oggetti in palcoscenico:  bianchi coni di carta, stecche di legno, cavalletti, qualche pezza. Nel quadro della Crocifissione i coni bianchi diventano cappelli alla Pinocchio e dai movimenti si percepisce un gran dolore. Unico riferimento alla croce è dato da un danzatore che alla fine allarga le braccia come fosse crocifisso.

Quello della Deposizione è sicuramente il quadro che suscita maggiore interesse. I danzatori si muovono  “giocando” con delle stecche di legno che diventano pian piano punti di appoggio nella definizione di posizioni plastiche che rinviano lo spettatore a immagini iconografiche. Una soluzione di grande impatto che finisce con il trascinare lo spettatore in una dimensione onirica.  Il quadro della Sepoltura vede i danzatori muoversi su un lungo tappeto bianco che viene srotolato in scena. Avanti e indietro  si muovono come ipnotizzati trasudando incredulità.

Fino alla Resurrezione in cui il gran finale è affidato a una sorta di sberleffo. I danzatori scuotono i corpi quasi a volersi scrollare tutta la fatica accumulata ed emettono un suono con la bocca che finisce con il somigliare a un sibilo.

Lo spettacolo non avrebbe la stessa intensità senza la musica di Daniele Roccato in scena sullo sfondo con il suo contrabbasso. Il riff con il quale apre e chiude la coreografia è impregnato di passione e angoscia. Un suono a volte “cigolante” che si ripete fino alla nausea e che alla fine diventa “colonna sonora” rimanendo piacevolmente in testa.

In scena con Ramona Caia bravissima e già citata, Giulia Mureddu, Sara Sguotti, Jari Boldrini, Maurizio Giunti, Giulio Petrucci, Claudia Caldarano, Marjolein Vogels tutti intensissimi. Ben curate le luci di Fabio Saijz con lo stesso Sieni che ben circoscrivono il palcoscenico senza quinte. Volutamente essenziali ma efficaci i costumi di Giulia Bonaldi.

Uno spettacolo da vedere (il 7 febbraio 2015 andrà in scena  a Cesena) e va il plauso ad Adriana Borriello direttore artistico del progetto Gesualdo/Danza 2014 averlo portato ad Avellino in collaborazione con il Circuito Campano della Danza e il Teatro Pubblico Campano.

E Napoli sta a guardare!

Raffaella Tramontano

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